
Sembra ormai inevitabile l’autorizzazione all’immissione in commercio del cd. “mais Ogm 507”, richiesta ai sensi della direttiva 2001/18/CE da parte della multinazionale americana Dupont Pioneer.
Si tratta di una nuova varietà di granturco geneticamente modificato al fine di resistere all’attacco di numerosi parassiti, ed in particolare della piralide, che è da sempre una delle principali minacce per le colture di mais.
L’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare), dopo essere stata più volte consultata sul nuovo prodotto, aveva in realtà formulato un parere favorevole alla sua commercializzazione già nell’ottobre del 2012.
Dopo che il Parlamento europeo, nel mese di gennaio, ha richiesto alla Commissione di ritirare la propria proposta di autorizzazione del mais 1507, la parola era passata a livello politico al Consiglio degli affari generali dell’UE (composto dai ministri dell’agricoltura di tutti gli Stati membri), che avrebbe dovuto decidere circa l’ammissibilità o meno della nuova varietà.
La procedura prevedeva una maggioranza qualificata di 20 Stati affinchè tale decisione potesse legittimamente essere assunta: la soglia degli Stati che hanno manifestato il loro dissenso al mais Ogm si è però fermata a 19 (Italia, Francia, Ungheria, Grecia, Romania, Polonia, Olanda, Austria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Irlanda, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Slovacchia e Slovenia), mentre 5 Stati hanno votato a favore (Spagna, Gran Bretagna, Finlandia, Estonia e Svezia) e 4 si sono astenuti (Germania, Portogallo, Repubblica Ceca e Belgio).
Non essendo stata raggiunta la maggioranza necessaria, non si è potuto far altro che prendere atto dell’impossibilità di decidere, lasciando così la responsabilità della decisione nuovamente (e definitivamente) alla Commissione Europea.
In seguito alla votazione del Consiglio Europeo si sono levate numerosissime critiche da parte delle associazioni di categoria (in primis Greenpeace, Legambiente e Slow Food) proprio per il fatto che la mancata decisione potrebbe portare di fatto ad una scelta obbligata della Commissione nel senso dell’atorizzazione al commercio.
Difatti, nonostante l’Italia, unitamente ad altri 11 Paesi, abbia invitato il commissario alla salute e alla sicurezza alimentare dell’UE, il maltese Tonio Borg, a ritirare la proposta, affermando che “la Commissione non può ignorare le preoccupazioni legali, politiche e scientifiche” ampiamente dimostrate dal fatto che “la grande maggioranza degli attori coinvolti, il Parlamento Ue e gli Stati membri si siano ripetutamente opposti”, è stato lo stesso commissario Borg ad annunciare l’intenzione (quasi obbligata) della Commissione di autorizzare la coltivazione, poiché in assenza di una decisione politica, la decisione dovrà necessariamente basarsi sui pareri tecnici (favorevoli) resi dall’Efsa.