La recente visita del presidente Napolitano a Catania è stata certamente un momento di conforto per la nostra Città e forse per l’intera Sicilia.
Così come è accaduto ancor prima con la presenza di S.E. Card. Bagnasco durante i festeggiamenti agatini, le Autorità civili, religiose, militari possono comprendere la Sicilia soltanto se entrano nel cuore dei siciliani.
Mi chiedo, però, se il presidente Napolitano, uomo del Sud sofferente, passando fra il Municipio, la Cattedrale, l’Università e l’ST, abbia visto anche la Città reale, abbia potuto guardare in faccia i cittadini catanesi, orgogliosi ed allo stesso tempo rassegnati, desiderosi di riscatto ma privi di un progetto sociale e politico che parta da loro, dai loro bisogni, dalle loro capacità, dalle loro aspettative.
Mi sono soffermato su una dichiarazione del presidente di Confindustria Sicilia che ha detto di temere la burocrazia più che la mafia: che errore, che abominio mettere in relazione due fenomeni certamente pericolosi per il benessere sociale, ma così distanti nella storia e nella fenomenologia attuale.
Queste parole mi hanno immediatamente fatto capire come nei luoghi del potere, nell’establishment (termine col quale ci si riferisce alle classi dominanti e alle strutture che queste controllano) politico e sociale non si voglia ancora prendere coscienza che è proprio di questa cosiddetta “elite” che oggi non si ha più il bisogno, che è necessario dare protagonismo e confrontarsi con i cittadini per programmare ed attuare politiche di sviluppo e di coesione sociale
Del resto, c’è qualcuno che può dimostrare che vi siano processi di sviluppo industriale in atto a Catania, in Sicilia? O forse è più corretto chiedersi quanti grandi interessi industriali si siano spostati in altre parti del Mondo? Ma se così è, perché questa elite che comanda, che muove le leve a proprio piacimento, che esprime la politica ed i politici del momento, conta così tanto. Conta molto di più di tutti gli “outsider”, di tutti noi
Vorrei ricordare ai “potenti della terra” che Catania ha un tessuto di valori, di idee, di persone, di realtà sociali di altissimo profilo, un tessuto oggi lacerato dall’incuria e dalla mala gestio, ma che va recuperato e rilanciato, non per fare tavoli di pletorica discussione, ma per dare voce a chi non ha voce, elaborare una proposta concreta per ridare speranza agli esclusi e per infondere coraggio nei giovani.
Non esprimo sfiducia verso l’attuale classe politica che governa Catania, è troppo presto per farlo, ma le chiedo maggiore coraggio e maggiore volontà di discontinuità con il passato, soprattutto rispetto ai poteri forti che rimangono immutabili ed immutati e che ammorbano l’aria.
Ringrazio il Presidente per essere venuto a Catania, ma adesso mi permetto di chiedergli di pretendere da Catania un cambiamento radicale, una scommessa nova, un desiderio di riscatto.